Il Convitato di Pietra – Formazione musicale di base quali prospettive

Intervento presentato a Milano il 6 giugno 2017 in occasione dell’incontro “Prospettive per l’AFAM”.

Il titolo dell’intervento volutamente provocatorio sottolinea come venga ahimè considerata l’alfabetizzazione musicale che sebbene rivesta un ruolo preponderante nella formazione del musicista spesso è vista con diffidenza o come perdita di tempo perché l’importante è” saper muovere le dita”. Ma così non è non si può eseguire senza saper leggere la musica, esprimere la ritmica, saper ascoltare e decodificare quanto si ascolta e quanto si va ad eseguire; insomma l’apprendimento del linguaggio musicale e l’esercizio di questo apprendimento in tutte le sue sfaccettature sono la premessa per qualsiasi pratica musicale. Sebbene questa premessa sia una ovvietà, così di fatto non viene considerata, tanto da essere molto spesso una pratica non attuata in molte scuole di musica, ad esempio nelle scuole medie ad indirizzo musicale dove molto spesso a questo apprendimento viene sostituita la pratica della musica d’insieme altrettanto utile ma non sostitutiva dell’apprendimento della lettura ritmica, parlata cantata e tutto il l’insieme delle acquisizioni di Ear training.

La formazione di base per l’alta formazione nella fascia pre accademica è stata sino adesso – e lo sarà ancora per poco – prerogativa dei Conservatori, questo ha garantito che nell’alta formazione accedessero gli studenti in possesso di un elevato grado di alfabetizzazione musicale. Ma tutto ciò a breve non sarà più possibile ecco quindi che una certa preoccupazione per il vuoto che si prospetta c’è e diversi sono gli interrogativi che si pongono: chi si occuperà di questa formazione ? con quali competenze? Diciassette anni di attività ed esperienza – tanti sono quelli trascorsi dall’entrata in vigore della Riforma – con i nuovi programmi di Teoria ritmica e percezione hanno fatto si che molte pratiche si consolidassero e stabilizzassero e adesso chi ne prenderà l’eredità ?

La risposta potrebbe essere i licei musicali, ma siamo sicuri che questi siano tutti ad oggi professionalizzanti e adatti a svolgere questo compito? Il loro numero sul territorio nazionale è adeguato a soddisfare la domanda di accesso ai Conservatori? Per coloro che invece avessero scelto o volessero scegliere un altro tipo di liceo e contemporaneamente intraprendere lo studio di uno strumento e solo successivamente iscriversi ad un Conservatorio, quali scuole potrebbero garantirne una preparazione di qualità? Le scuole civiche e le scuole private (compreso l’insegnamento privato) svolgerebbero il ruolo che hanno all’estero le accademie in Germania e i Conservatori in Francia ?

La domanda di pratica della musica a livello amatoriale è molto alta ma non sempre è alta la qualità dell’insegnamento.

Dall’avvento della riforma si sono attuati importanti cambiamenti nell’insegnamento TRPM con l’introduzione di grandi novità (Ear training, ritmica, Test teoria, dettato polifonico). Il Programma si è notevolmente rivoluzionato rispetto al vetusto teoria e solfeggio, a favore del raggiungimento di una preparazione di base molto più efficace e in linea con le direttive europee. Ammodernamento necessario e sarebbe davvero una grande privazione non prefiggersi di portare avanti quanto fatto .

Nell’Alta Formazione Teoria Ritmica e Percezione e gli insegnamenti ad esso afferenti, proprio perché si reputa sia un apprendimento da assolvere nella fascia pre-accademica, viene relegato ad un ruolo secondario non considerandone invece l’utilità soprattutto per quanto riguarda l’acquisizione di strumenti e pratiche adeguate allo sbocco professionale più frequente che è quello di insegnanti di strumento.

Alla luce delle considerazioni fatte, ciò che si prospetta come soluzione, è necessariamente un nuovo ruolo e funzione della figura del docente di TRPM formatore di altrettanti docenti per la parte riguardante la formazione di base e l’alfabetizzazione musicale. Un lavoro che permetterebbe una maggiore capillarità di alfabetizzazione musicale di livello e qualità, attraverso le nuove figure di docenti sparsi per tutto il territorio. Un’ altra attività potrebbe essere quella di tutoraggio praticata dai docenti di TRPM del Conservatorio ,nelle varie scuole convenzionate con il Conservatorio di riferimento. Siamo un corpo docente di transizione e la riforma è stata fatta a costo zero; sulle nostre spalle è ricaduta la responsabilità di mantenere la nostra grande tradizione musicale e contemporaneamente approntare nuovi piani di studio o meglio – in generale – una nuova concezione della didattica musicale che formi i professionisti della musica che siano concertisti o altro .

Dobbiamo prendere atto che non si formano solo musicisti ma anche fruitori di musica ovvero il pubblico e dobbiamo considerare che c’è troppa discrepanza fra il mondo musicale colto e non.

I Conservatori hanno la pretesa di formare i grandi concertisti ma a quanti sarà dato di praticare il concertismo e quanti ne hanno una reale attitudine ?e invece quanti praticheranno musica per diletto e passione? A volte i cambiamenti possono essere anche occasione di novità positive. Che sia questo il momento ?

Beatrice Campodonico

Armonizzazione dei percorsi in Italia: realtà e ipotesi di lavoro

Gentili Colleghe e Colleghi,

sappiamo bene che la situazione degli studi musicali in Italia è tutt’altro che rosea. Cause insistenti nel sociale e nel costume del nostro Paese, sono alla base di una crisi che tutti viviamo da anni. Occorre riflettere sui percorsi passati, senza falsità, cercando di affrontare questioni a!ncora rimaste senza risposta, per far luce sulla realtà odierna.

La volontà di portare l’educazione musicale nelle scuole di ogni ordine e grado, ribadita dal recente DL 60, l’esigenza di uniformare i percorsi dei Conservatori italiani a quelli delle analoghe istituzioni europee, diedero vita alla 508: ai Conservatori la fascia universitaria degli studi, ai Licei Musicali il compito di far seguito alle SMIM. Un disegno in linea con la tendenza europea ed internazionale. Ma è ovvio che ogni legge inneschi meccanismi economici, amministrativi, sociali, di contenuto. E’ di buon senso pensare che il legislatore debba cercare di prevedere il più possibile il portato successivo alla promulgazione di una norma. Così la partenza da un’analisi più approfondita della realtà, da dati certi, che già nel 1999 si sarebbero dovuti attentamente leggere, avrebbe consentito un iter legislativo diverso e più aderente alle esigenze dell’istruzione musicale i!taliana di quel periodo e degli anni a venire.

La pressante impostazione politica del “costo zero” costituisce senza dubbio il primo vulnus: a tutt’oggi i Licei Musicali sono in numero esiguo per rispondere all’idea di un’istruzione musicale diffusa, e non credo sarà il DL 60 a cambiare le cose. Il primo fondamentale punto su cui dobbiamo continuare a batterci è la ferma richiesta alla politica affinché realizzi un progetto economico rispetto a Formazione e Cultura: senza investimenti per scuole, orchestre, enti di produzione, ogni idea resta l’anello di una catena mai ricomposta. Nel ’99 questa premessa fu carente, e gli effetti si sentono ancora oggi. L’impatto amministrativo investe la governance dei Conservatori. Un sistema inadeguato che non consente la gestione dinamica dei processi. Non basta l’dea di Direttori Amministrativi manager, come ha detto il Ministro Fedeli recentemente. Con l’attuale normativa, per cui ogni deliberazione ha un iter decisionale tortuoso, mai chiaro ed univoco, non si può pensare che un ruolo diverso risolva qualcosa. Stessa criticità in capo ai Direttori, ostaggi di un sistema carente di agilità e discrezionalità, ingessati da un’elettività rivelatasi spesso paralizzante, varata su principi di democrazia, ma che si traduce sovente nell’immobilismo. Come la farsa a danno dei Presidenti che non percepiscono emolumenti. Lasciare al solo senso civico la responsabilità di enti complessi e problematici, è cosa assai grave e mostra una dubbia concezione della Cosa Pubblica. Insomma, se non c’è un disegno che sostenga Formazione e Cultura a partire da impegni economici, da una vision che investa nell’istruzione, nella creazione e nella difesa degli ambiti produttivi della Cultura e dell’Arte, tutte le p!arole resteranno vane.

L’aspettativa generata dalla 508 tra i docenti di Conservatorio, fu il passaggio da uno status “indistinto” a quello di docenti universitari. Questa equiparazione non si è mai concretizzata, se non in ordine ai titoli rilasciati dai Conservatori. E ciò solo per la Laurea Triennale, poiché ancora non giunge la decisione del Governo sulla messa ad ordinamento dei Bienni, questione su cui chiediamo da anni un provvedimento rapido ed efficace. E poi, decisioni passate di chiudere agli studenti privatisti, hanno innescato contenziosi confluiti nella recente circolare che riapre le porte agli esami di Vecchio Ordinamento per gli esterni. Con ricadute negative sul sistema e sugli studenti, disorientati sul che fare: proseguire il Triennio o uscire dal Conservatorio risolvendo tutto con un paio di esami, evitando anche la frequenza al Biennio?

C’è un altro aspetto che la 508 ha investito: nel Vecchio Ordinamento, gli alti numeri di iscritti si concentravano nei Corsi Inferiori. Quei numeri si assottigliavano man mano che si passava ai Corsi Medi ed ai Corsi Superiori, fisiologica selezione di ogni corso di studi. Dunque, a fronte di un certo corpo docente, i Conservatori hanno dovuto fare i conti con un numero spesso non congruo di iscritti. È ovvio, i contenuti sono importanti, ma la difesa dell’occupazione non è certo di minor rilievo. Così è stato: nascono i discussi corsi pre-accademici, sia per porre rimedio allo scarso numero di Licei Musicali, sia per garantire la piena occupazione dei docenti dei Conservatori. Ed infine – ma soprattutto – per creare quel vivaio di studenti, potenziali utenti dei Trienni, che viene meno nel momento in cui i Licei Musicali non hanno presenza capillare sul territorio e stante una loro oggettiva difficoltà nell’affrontare l’aspetto professionalizzante della musica: difficoltà sociale, a livello di piani di studio, di compatibilità con il percorso di un comune Liceo. Così è calato il livello generale, ed è divenuta pressante l’esigenza di ammettere il numero più alto possibile di studenti nei Conservatori. A questa problematica, sono convinto che il recente DL 60 non fornisca alcuna risposta. La sua impostazione, condivisibile nelle intenzioni di diffondere l’apprendimento delle discipline artistiche nelle scuole di ogni ordine e grado, non ci fa intuire prospettive di riordino del sistema della formazione musicale professionalizzante, ponendo anzi vincoli ai Conservatori circa i Corsi pre-accademici.

   Quanto ai contenuti: forse non si pensò che eliminando dai Conservatori la fascia preuniversitaria degli studi, alcune categorie di docenti avrebbero sofferto in merito al loro impiego. Penso ai colleghi di Teoria, Ritmica e Percezione Musicale, utilizzati nel Vecchio Ordinamento nei “Corsi inferiori”; oggi inseriti nella fascia universitaria, ma con problemi annosi, che non si placano a quasi vent’anni dalla Riforma. E’ vero: la lettura della musica e lo sviluppo della percezione si possono affrontare anche a livelli universitari. Ciò non toglie che le discipline in oggetto restino di base, poiché lo sviluppo delle capacità di lettura e di scrittura della musica, nonché l’affinamento delle facoltà percettive di uno studente, devono essere affrontate all’inizio del percorso di studio e – semmai – successivamente solo potenziate. Purtroppo, ciò oggi non avviene: a fronte di un nocivo ritardo nell’acquisizione degli elementi alla base di un corretto studio della musica, molti studenti giungono in età universitaria senza le sostanziali competenze necessarie per affrontare il Triennio. Inoltre, la non propedeuticità di alcuni insegnamenti rispetto ad altri, varata in omaggio ad una fantomatica libertà didattica, ha dissestato il terreno su cui ci misuriamo. Sono convinto che una considerazione sommaria della particolarità degli studi musicali sia causa di tutto ciò: il diritto agli studi insiste nella parità di ognuno a poterne fruire, non in come gli studi vengono organizzati, fatto tecnico su cui solo gli esperti possono intervenire e disporre. Ricordo – in tal senso – che dopo più di quattro anni, siamo ancora in attesa del CNAM. Diligentemente, il DL 60 lo cita, per poi ricordarci – all’art. 16 – che “il decreto di cui all’articolo 15, comma 4, in mancanza del parere del medesimo Consiglio e’ “perfetto ed efficace”. Con buona pace di chi pensa che il parere tecnico sia ineludibile. La politica deve farsi carico di questa grave omissione.

E così siamo nel vivo del problema. La recente istituzione dei corsi propedeutici – art. 15 del DL 60 -, auspicata dalla Conferenza dei Direttori e che io stesso ho appoggiato, dimostra però che c’è qualcosa di strano in tutto il sistema: invece di trovare soluzioni vere, si rattoppano falle non adeguatamente trattate negli anni scorsi. Sono consapevole che il varo dei propedeutici sia ad oggi l’unico necessario e vitale passo per garantire la sopravvivenza di moltissimi Conservatori, sia in difesa dell’occupazione, sia rispetto ad una preparazione adeguata della futura utenza dei corsi AFAM. Ma allora i Licei Musicali? Dov’è che vuole andare la Politica? Quali risposte concrete darà al nostro settore? Queste risposte sono prevedibili nel DL 60? Purtroppo, non credo. Ritengo invece che le condizioni per dare una via di uscita al sistema siano essenzialmente tre.

Della prima ho detto: l’impegno della politica a non considerare Formazione e Cultura come costo, ma come fruttuoso investimento. Ciò si realizzerà solo allorché qualsivoglia governo ci mostrerà di trovare le risorse per sostenere e far crescere il settore – dall’istruzione alla produzione -, ciò che almeno da vent’anni a questa parte, limitandoci ad esaminare il periodo post-Riforma, non avviene ed anzi va sempre peggiorando. Quanto ai Conservatori: si pensi alla problematica delle utenze non più in capo alle Province; alla recente “no tax area” per gli studenti meno abbienti. Come si spiega lo stanziamento a compenso, di 160 milioni di euro per i prossimi due anni, destinato alle Università, m!entre per i Conservatori si parla solo di spiccioli da dividere tra numerose istituzioni?

La seconda condizione è che la Politica debba farsi garante a livello normativo di una centralizzazione delle scelte, naturalmente dopo aver acquisito i pareri dei protagonisti del sistema. L’autonomia ha il pregio di dare respiro alla formazione, di garantire libertà didattica, di diversificare l’offerta formativa. Ma la deregulation del sistema musicale è ormai arrivata ad un punto insostenibile. Il Vecchio Ordinamento aveva un iter di studi univoco per tutto il Paese, rappresentando un punto di riferimento. È fondamentale convergere sulla necessità di ridisegnare le regole, adattandole ad una realtà profondamente mutata, a partire da un tavolo in cui siano rappresentati tutti gli attori della “filiera”, mirando però ad un vero orientamento nazionale, che riduca le differenze, per giungere ad un’idea condivisa del sistema le cui fila dovranno essere tirate dalla politica. Questa è la delicata responsabilità che ognuno deve assumersi, e la cui sovrintendenza, frutto di un preciso disegno, dovrebbe essere appunto politica. Pensiamo solamente a quanti problemi sorgono in merito al riconoscimento dei crediti formativi: nella gestione del passaggio dal Vecchio al Nuovo Ordinamento, nella valutazione delle competenze pregresse, e di come tale criticità divenga ancor più grave nel caso di un trasferimento tra Conservatori. La centralizzazione delle scelte, una più stringente normativa che unifichi la condotta a livello nazionale sono indispensabili affinché il sistema funzioni. Diversamente – e questo succede oggi – è il caos. A proposito di ciò, lo ribadisco, la politica non può continuare ad ignorare la problematica del CNAM: non è più tollerabile pensare che decisioni prese senza la consultazione di un organo tecnico competente siano “perfette ed efficaci”.

   La terza condizione riguarda i contenuti. Stabilire minuziosamente i livelli di entrata e di uscita da ciascun segmento di studi è condizione affinché il sistema possa funzionare. Dirigo un Conservatorio e sottolineo quindi l’esigenza di un alto livello all’entrata in AFAM. Ed un livello di ingresso ai corsi propedeutici garantito. Ma garantito da chi? Dalle SMIM, dai Licei Musicali? E se dai Licei Musicali, come possiamo pensare che uno studente di 18/19 anni possa giungere a quell’età senza avere la preparazione adeguata per entrare al Triennio? Come possiamo pensare che questi potrà inserirsi poi nel mondo del lavoro? Giungere a 18/19 anni con carenze strumentali significa esser già fuori da aspirazioni professionali. Dunque, la domanda che dobbiamo porci riguarda la direzione da prendere: vogliamo una formazione musicale divulgativa o che investa con forza nel segmento professionalizzante? In questo senso il DL 60 non ci viene in soccorso. Sviluppa l’attenzione per il tema sociale, ma non tocca il secondo aspetto. A quando un pronunciamento concreto sul ruolo dei Conservatori? Sono convinto i due obiettivi debbano essere entrambi perseguiti, ma a patto di una revisione del ruolo dei Licei Musicali. Basterebbe, ad esempio, pensare a due piani di studio, uno ad indirizzo orientativo ed un altro professionalizzante. Mentre quello orientativo resterebbe rivolto alla generica diffusione della cultura musicale, quello professionalizzante andrebbe completamente ridisegnato in accordo con i Conservatori. Trovo oggi nocivo, lo studio al liceo di due strumenti: tale prassi può rientrare solo in una visione orientativa della cultura musicale, ma non certo aiutare – almeno nella maggior parte dei casi – il fattore professionalizzante. Nel Vecchio Ordinamento il secondo strumento era il pianoforte, non con il ruolo di alternativa allo strumento principale, tanto che veniva chiamato “complementare” in quanto unico strumento su cui letteralmente vediamo l’armonia, il contrappunto, su cui si può leggere una partitura. Ometto di parlare dei motivi che hanno suggerito di introdurre nei licei il secondo strumento: è il caso però di rifletterci dando risposte corrette, senza prese in giro. Penso poi alla preparazione teorica. La cosiddetta TAC pretende di insegnare la Composizione a tutti: cosa assolutamente insensata. Se il basso a 4 parti veniva insegnato dopo il corso inferiore, e quello imitato e fugato era prova d’esame di Composizione, come si pretende, con poche ore a settimana, di insegnare ciò a 20/30 studenti contemporaneamente? A discapito peraltro della fondamentale disciplina della lettura, di cui ho già detto e che, per mia diretta esperienza, è drammaticamente trascurata, con risultati spesso disastrosi. Tutto ciò va ripensato, altrimenti il sistema non potrà reggere e produrrà ulteriori sfasci. Non possiamo valutare solo i casi positivi se, per lo più, i risultati stentano a decollare. Dobbiamo invece analizzare gli errori e porvi rimedio. S!enza fraintendimenti e finzioni.

Concludo sperando in una “filiera” positiva, con urgenza di disegnarla attentamente nelle sue connessioni, per affidargli il futuro. L’occasione sarà la redazione del Decreto del Ministro, in ordine al DL 60. Vigileremo con estrema attenzione sulla sua stesura, in assenza di un CNAM che avrebbe titolo ad intervenire nel merito dei contenuti. Ci batteremo affinchè la politica rispetti le parti coinvolte, e che tenga nel debito conto almeno l’orientamento della Conferenza dei Direttori, per dare ascolto e risposte ai maltrattati Conservatori. I nostri giovani coinvolti, nei loro percorsi, dalla rivoluzione digitale, necessitano di una didattica diversa da quella del passato. Ma non dimentichiamo che il sociale è permeato dalla Scuola, e che proprio la Scuola segna un punto fermo nel plasmare i giovani e dunque la Società. Non ignoriamo il fulcro di tutta la questione! Abbassare la guardia sulla serietà dei percorsi è l’anticamera di un futuro che purtroppo già scontiamo in modo grave. Io però resto fiducioso. È lo spirito che ci ha condotti qui. E ciò che stiamo facendo e faremo rappresenta il nostro futuro, e quello dei nostri figli, per i quali dobbiamo sforzarci di pensare un domani migliore. Grazie.

 

Alberto Giraldi

Direttore del Conservatorio «L. Refice» di Frosinone

Arpa: breve analisi sulla situazione didattica nelle scuole di ogni ordine e grado, e spunti di riflessione per la sopravvivenza e la diffusione dello strumento

(RELAZIONE PRESENTATA ALLA CONFERENZA DEI DOCENTI DI CONSERVATORIO IL 6 GIUGNO 2017 PRESSO IL CONSERVATORIO «G. VERDI» DI MILANO DAL COORDINAMENTO NAZIONALE DEI DOCENTI DI ARPA)

 

Si ringraziano per la collaborazione, consultazione e confronto i colleghi docenti di Arpa: Gabriella Bosio, Patrizia Radici, Anna Maria Palombini, Elena Cosentino, Emanuela Degli Esposti, Laura Papeschi, Anna Loro, Francesca Tirale, Ester Gattoni, Nicoletta Sanzin, Alessandra Targa, Tiziana Tornari, Alessia Luise, Antonio Ostuni, Donata Mattei, Lucia Di Sapio, Lucia Bova, Sara Simari, Tiziana Loi, Mariachiara Fiorucci, Isabella Mori, Valentina Meinero, Francesca La Carruba, Alice Belardini, Irene Lucco, Eva Perfetti, Alessandra, Penitenti, Michela Marcacci, Federica Mancini, Patrizia Tassini, Davide Burani, Vania Contu, Simona Carrara, Elena Gorna, Cristiana Passerini, Alice Caradente, Cristina Ghidotti, Eddy De Rossi, Maria Rosa Fogagnolo, Paloma Tironi, Katia Catarci, Nazarena Recchia, Sara Terzano, Valentina Milite, Veronica Pucci, Dabbah Awalon, Elisabetta Ghebbioni, Paola Testa, Adriana Avventino, Antonella Zucchetti, Eva Randazzo, Alessandra Trentin, Roberta Alessandrini, Paloma Tironi, Valerio Nicosia, Rocchina Pace, Valentina Rosso, Chiara Imbriani, Chiara Brun.

 

Premessa

Questo documento è frutto del confronto trasversale dei docenti di Arpa delle Scuole medie a indirizzo musicale, Licei musicali, Conservatori statali di Musica, Istituti Musicali Pareggiati con dati provenienti da tutto il territorio nazionale.

Con questo testo il Coordinamento Nazionale dei docenti di Arpa intende fotografare la situazione attuale per proporre soluzioni volte al miglioramento dell’attuazione della riforma e del Decreto Legislativo del 23 aprile 2017 n. 60 (Norme sulla promozione della cultura umanistica, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera g), della legge 13 luglio 2015, n. 107, GU Serie Generale n.112 del 16-5-2017 – Suppl. Ordinario n. 23)

Le maggiori criticità emerse da questo confronto riguardano la diffusione sul territorio nazionale di classi con tutti gli strumenti d’orchestra e la mancanza di percorsi formativi coerenti e professionalizzanti.

Dall’analisi che segue appare evidente come si sia snaturato il senso della riforma 508/99 e che anche il recente Decreto Legislativo del 23 aprile 2017 n. 60 (Norme sulla promozione della cultura umanistica, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività) prosegua nella direzione della divulgazione della musica nelle scuole di ogni ordine e grado, senza garantire la possibilità di un percorso di formazione professionalizzante all’interno della Scuola Pubblica.

Sulla scorta dei dati emersi si può affermare che questa riforma ha parzialmente prodotto dei risultati solo su strumenti come pianoforte, chitarra e percussioni. Il diritto allo studio di altri strumenti musicali sancito dagli articoli 3, 4 e 33 della Costituzione italiana non è tutelato. Allo stato attuale c’è un altissimo rischio di delegare alle scuole private la formazione musicale italiana di strumenti meno popolari come arpa, fagotto, corno, viola, contrabbasso.

 

Analisi dei dati raccolti (tabella 1 allegata)

Dall’analisi dei dati raccolti si nota la poca diffusione dell’Arpa nel territorio nazionale all’interno del sistema delle scuole pubbliche (medie e licei musicali). Ne consegue una bassissima ed esigua affluenza ai conservatori con il risultato di un basso profilo di accesso.

Nel 2017 sul territorio Nazionale sono presenti 31 cattedre alle SMIM, 45 ai licei delle quali moltissime di poche ore, visto l’esiguo numero di allievi provenienti dalle SMIM. Per contro le cattedre di Arpa nei Conservatori sono 58 e rilevo dalle colleghe che pochissimi studenti iscritti ai corsi pre accademici o accademici degli ultimi 5 anni sono di provenienza da SMIM (in tutto 22 ) o dai Licei (in tutto 4). I dati con numeri maggiori derivano dalle medie o licei annessi al Conservatorio.

Rispetto a un censimento di circa dieci anni fa su base nazionale le percentuali di presenza di classi di Arpa sul territorio nazionale risultano invariate: le analisi dei dati registrano lo 0,4% di presenza di scuole medie a indirizzo musicale con Arpa su territorio nazionale e la maggiore ubicazione è al Sud. Si evidenziano inoltre zone con la totale assenza dell’insegnamento di questo strumento.

Proseguendo con l’indagine si rileva che l’utenza delle SMIM spesso non sceglie il percorso musicale per fini professionali e che i percorsi didattici presso le SMIM non sono professionalizzanti. Le famiglie che scelgono l’indirizzo musicale per il figlio spesso lo fanno per avvicinarlo a uno strumento musicale e per consentirgli di fare un’esperienza di tipo musicale. Spesso tale scelta è motivata dal fatto che la sezione musicale ha un utenza più selezionata. Dalle statistiche risulta che in genere difficilmente lo studente ha avuto approcci musicali antecedenti. Alla fine del percorso solo il 10% degli studenti manifesta l’interesse a proseguire gli studi presso il Liceo Musicale o il Conservatorio ma spesso il livello di accesso è troppo basso per proseguire.

I docenti delle SMIM segnalano che, dovendo programmare settimanalmente delle lezioni di gruppo, avendo a che fare con studenti che devono ancora acquisire le abilità tecniche associate ad una indipendenza di studio, durante le lezioni individuali fanno fatica a svolgere un programma di avanzamento tecnico individuale poiché devono utilizzare il tempo a insegnare le parti di orchestra. Il livello di uscita dalla terza media corrisponde a un I/II anno del periodo Base dei corsi pre-accademici presenti in molti Conservatori.

Basandosi sui dati dei sondaggi rilevati e sopra esposti, per garantire il sistema professionale oggi istituito presso i Conservatori e riconosciuto come valido e professionalizzante da tutte le maggiori istituzioni europee e internazionali, solo per l’arpa bisognerebbe istituire 750 cattedre nelle medie a indirizzo musicale su tutto il territorio nazionale e circa 150 nei licei musicali.

 

Analisi della situazione nel liceo musicale

L’utenza del liceo musicale è varia: oltre alla scelta implicita del proseguire o iniziare un percorso musicale si possono trovare anche studenti che scelgono questo percorso pensando che sia più leggero. Non essendoci un requisito di livello medio come competenze d’ingresso, spesso gli utenti cominciano da zero il percorso musicale. Le cattedre di arpa presenti sul territorio nazionale non sono quasi mai complete e spesso l‘arpa viene scelta come secondo strumento.

Come risulta dal rapporto 2016 sui Licei Musicali e Licei Coreutici italiani solo il 27,6 % degli studenti che escono dal Liceo e s’iscrivono in Conservatorio sono al livello d’ingresso di quest’ultimo. Se rapportato all’esiguo numero d’iscritti di arpa, questo dato spiega la sofferenza di questo strumento.

 

Sintesi delle problematiche emerse

– 31 cattedre di arpa nelle SMIM = (31 x 6) 186 studenti in uscita ogni anno. Solo il 10 % prosegue gli studi musicali dunque solo 19 studenti in tutta Italia;

– 45 cattedre di arpa nei licei musicali con pochi iscritti. Se si diploma uno studente ogni anno ci sono 45 studenti di arpa dei quali solo il 60% entra nei conservatori. Ogni anno s’iscriveranno 27 allievi di arpa in tutta Italia. Tuttavia i dati degli ultimi cinque anni raccolti sulla situazione Arpa parlano di una decina d’iscrizioni in arpa provenienti dai licei musicali nel quinquennio;

– tutti i docenti delle scuole di ogni ordine e grado lamentano la mancanza di sinergia tra le istituzioni e la mancanza di collegamento d’intenti e percorsi;

– si constata l’assenza di filiera sul territorio (sono presenti pochissime medie con Arpa e pochi allievi ai Licei);

– medie e licei non hanno percorsi professionalizzanti;

– le scuole sono distribuite sul territorio nazionale senza un criterio territoriale;

 si usa l’arpa celtica anche dopo i primi anni e questo limita lo svolgimento del programma di studio e il progresso tecnico;

 

Possibili soluzioni

– l’istituzione sul territorio di corsi di tutti gli strumenti musicali in modo capillare. Come esistono le quote rosa per evitare discriminazioni nei confronti delle donne, analogamente vanno emanate delle norme speciali a tutela degli strumenti non ancora presenti nelle percentuali dovute. La distribuzione delle cattedre non dovrà più seguire criteri particolaristici ma di equa diffusione. Pertanto si chiede che presso SMIM e Licei, gli strumenti siano attivati su richiesta senza il limite di attivazione delle quattro cattedre (o otto per il Licei);

– convenzioni con le ditte per il comodato d’uso degli strumenti e affitti più economici e vantaggiosi per scuole e famiglie;

– convenzioni di SMIM e licei musicali con i conservatori (per consentire a docenti e studenti di arpa di far lezione utilizzando strumenti e spazi del conservatorio ove possibile);

– coordinamento con il Conservatorio per redigere programmi, progetti di produzione, saggi e supervisione del percorso;

– al fine di garantire la corretta continuità del percorso di studi musicali si chiede di prevedere un progetto didattico riguardante l’intera filiera della formazione musicale;

– lo stanziamento di fondi speciali per l’acquisto di strumenti musicali meno presenti nell’offerta formativa, al fine di favorirne l’attivazione;

– che l’arpa sia considerata tra gli strumenti obbligatori nella scelta del secondo strumento essendo polifonico e che sia prevista un’equa distribuzione degli iscritti sui secondi strumenti polifonici ( per coloro che suonano uno strumento monodico). Si fa presente che in questo caso il percorso potrebbe cominciare come arpa celtica.

 

Richieste al legislatore

Il coordinamento nazionale dei docenti di Arpa pur lodando la sensibilità di questo DL 60/17 volto alla divulgazione dell’arte nel territorio nazionale chiede:

– che nell’art 12 comma 1 del DL 60/17 sia così specificato: ogni istituzione scolastica secondaria di primo grado ha l’obbligo di attivare percorsi a indirizzo musicale in coerenza con l’offerta triennale formativa e secondo un’equa distribuzione degli strumenti sul territorio;

– l’istituzione di un organo super partes di coordinamento nazionale che abbia come scopo la garanzia di percorsi formativi professionalizzanti e la presenza di tutti gli strumenti nelle scuole a indirizzo musicale;

– l’istituzione di quote minime percentuali di presenza di tutti gli strumenti musicali nelle scuole secondarie, ovvero una quota percentuale che garantisca su ogni zona del nostro territorio nazionale la presenza e la distribuzione di tutti gli strumenti.

– l’istituzione di coordinamenti nazionali verticali di ogni strumento con il compito di fornire le migliori soluzioni per la stesura e realizzazione dei decreti attuativi;

— che i Conservatori in sinergia con i provveditorati abbiano il compito di monitorare la situazione cattedre di strumento del territorio di competenza all’inizio di ogni anno Scolastico . Al fine di garantire il diritto allo studio  per ogni studente che richieda l’iscrizione alle classi di strumenti non presenti sul territorio, si suggerisce  di  adottare le linee guida della nota ministeriale prot. N. 5908 del 4/10/ 2010 a firma di Bruno Civello, ex direttore generale del comparto AFAM MIUR.

La circolare con un pragmatico buon senso indicava le linee guida per gestire e garantire il percorso formativo musicale fino all’attivazione della formazione musicale e coreutica di base nell’ambito dell’istruzione primaria e secondaria. In questa ottica  autorizzava i conservatori all’attivazione di percorsi didattici che garantissero una preparazione adeguata e certificata fino a che non fosse andato a regime il nuovo assetto ordinamentale scaturito dalla legge di riforma 508 del 1999. Avendo evidenziato che ad oggi moltissimi strumenti non sono presenti nel Piano dell’Offerta Formativa delle scuole primarie e secondarie a indirizzo musicale si chiede che i Conservatorio siano autorizzati al mantenimento del suddetto percorso formativo. Solo così oggi sarebbero garantiti il diritto allo studio di qualsiasi strumento musicale previsto nei Conservatori di Musica e il diritto a una formazione musicale professionalizzante (che da sempre è prerogativa dei Conservatori), tutelando nel contempo un percorso formativo musicale non professionalizzante all’interno della scuola primaria e secondaria.

– in considerazione e nel rispetto della profonda differenza strutturale e ideologica tra il percorso divulgativo e quello professionalizzante, che vengano mantenuti entrambi i canali tramite due percorsi ben distinti che consentano all’allievo dotato di essere individuato, formato e valorizzato secondo i princìpi che animano la Costituzione Italiana (Artt. 3, 4 e 33).

 

ALLEGATI

 

Maria Elena Bovio

Coordinamento nazionale dei docenti di arpa

 

Il misterioso caso del Verbale 21 – (con allegati)

Il 10 agosto è stato firmato il Decreto Ministeriale Reclutamento e formazione iniziale dei docenti, sulle modalità di acquisizione dei 24 crediti formativi nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle materie didattiche, necessari per poter partecipare al prossimo concorso per l’ingresso nella scuola secondaria che sarà bandito nel 2018 in base alle nuove regole previste da uno dei decreti attuativi della Buona Scuola.

I crediti potranno essere acquisiti esclusivamente presso enti interni al sistema universitario o dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica, e si potranno acquisire per modalità telematica un massimo di 12 crediti (e comunque là dove  si parla di “istituzioni universitarie“  o “istituzioni accademiche” si intendono pure le università telematiche, al centro di una polemica nelle scorse settimane circa l’attivazione, ancor prima dell’uscita del decreto Miur, di corsi a pagamento per l’acquisizione dei 24 crediti, con le interrogazioni Vacca e Ghizzoni e la risposta del sottosegretario Toccafondi).

Qui potete trovare il testo del decreto, qui gli allegati, che ieri non erano ancora disponibili;  all’ art. 3 si stabiliscono i settori disciplinari in cui possono essere conseguiti i crediti.

Per i SAD di competenza dei Conservatori, dall’Allegato C:

Ricordiamo che  il CUN si era riunito il  26 e 27 lugliofacendo seguito al suo precedente parere del 7 giugno di cui abbiamo già dato conto, e che il 12 luglio il gruppo DDM-GO aveva presentato una sua proposta attorno alla faccenda dei 24 crediti; a seguito della firma del decreto, lo stesso DDM-GO ha diffuso una assai articolata nota di commento in cui, pur apprezzando l’inclusione di tutti  settori disciplinari di competenza dei dipartimenti di Didattica della Musica, si «evidenzia che la declinazione di obiettivi formativi e altro risente di una visione non sempre coerente: da un lato affidandosi interamente a quanto già contenuto negli Allegati A e B, dall’altro limitandosi a una mera elencazione di contenuti spesso coincidenti con le denominazioni di discipline e campi disciplinari (con evidenti discrepanze, peraltro, circa la pertinenza di talune discipline indicate tra settori della musica, delle belle arti e della danza)». Osserva inoltre DDM-GO che, «come evidenziato e denunciato anche dalla Conferenza dei Docenti di Conservatorio [cfr. http://www.docenticonservatorio.org/il-misterioso-caso-del-verbale-21-con-allegati/] pare evidente che la perdurante assenza del CNAM (primario organo di rappresentanza istituzionale, al pari del CUN, del sistema dell’AFAM) non può certo giovare allo sviluppo dell’intero settore dell’Alta Formazione Artistica e Musicale e al ruolo che le è proprio nel nuovo sistema nazionale di formazione iniziale dei docenti».

 

Proprio quest’ultima osservazione ci suggerisce e ci consente di fare qualche passo indietro.

In premessa al DM del 10 agosto u.s. vengono citati e dati per visti un “Verbale n. 21 del 6 luglio 2017 della Commissione per le Valutazioni Tecniche Relative agli Ordinamenti Didattici Afam” [CVTRODA?], la Commissione che, ricordiamo, da quasi due anni per volere della ex Ministra Stefania Giannini surroga le competenze del CNAM, e un “ulteriore parere del 31 luglio 2017“ della medesima Commissione.

Ciò non può non suscitare alcune, crediamo lecite, curiosità. Che c’azzecca, gentile Ministra, la valutazione tecnica relativa agli ordinamenti didattici Afam con la questione in oggetto? Non è che con l’espressione «ordinamento didattico» si sia finiti per voler intendere la totalità dei temi riguardanti l’Afam, e che la CVTRODA sia divenuta un po’ omnibus? Ma soprattutto: ce lo fate leggere il misteriosissimo Verbale 21? E il 14? E il 9? Sono ventuno da gennaio 2017 o da novembre 2015?  O dalla fondazione di Roma? Quali le misteriosissime differenze tra quanto prodotto il 6 luglio e il successivo segretatissimo parere del 31?

C’è qualche norma specifica a noi ignota, che esima questa Commissione e chi l’ha nominata dall’obbligo di trasparenza? Che senso ha costringere le scuole elementari a dotarsi di siti web, di pulsanti di Amministrazione Trasparente se poi chi sovrintende, interviene, consiglia direttamente il decisore politico non si attiene al medesimo obbligo? Perché il CUN produce regolarmente i suoi verbali, mentre la summenzionata Commissione no? (ma nemmeno nessuna delle Conferenze dal Miur riconosciute, mi pare, con l’eccezione, in parte, della Conferenza dei Presidenti delle Consulte degli Studenti…).

Con queste premesse di opacità, con quali prospettive si va a costituire la Conferenza nazionale per la formazione iniziale e l’accesso alla professione docente [CNFIAPD?] prevista dall’art. 14 del Decreto n. 59? Ha senso creare organi nuovi senza ricostituire quelli già previsti da leggi dello Stato?

Già, perché, come ricordato nel verbale dell’ultima seduta del CNAM, il 13 febbraio 2013, in base all’articolo 4 della Legge 444 del 1994:

1. Entro il periodo di proroga gli organi amministrativi scaduti debbono essere ricostituiti.
2. Nei casi in cui i titolari della competenza alla ricostituzione siano organi collegiali e questi non procedano alle nomine o designazioni ad essi spettanti almeno tre giorni prima della scadenza del termine di proroga la relativa competenza è trasferita ai rispettivi presidenti i quali debbono comunque esercitarla entro la scadenza del termine medesimo.

E poi, all’art.6:

I titolari della competenza alla ricostituzione e nei casi di cui all’articolo 4, comma 2, i presidenti degli organi collegiali sono responsabili dei danni conseguenti alla decadenza determinata dalla loro condotta, fatta in ogni caso salva la responsabilità penale individuale nella condotta omissiva.

 

 

 

Ultime interrogazioni, poi tutti al mare

 

Tre domande e una risposta, appena pochi giorni  prima della chiusura per ferie di Camera e Senato (che riapriranno il 5 settembre per le attività in Commissione, il 12 per l’Assemblea). Le ennesime interrogazioni su due temi, Afam e Licei Musicali, tuttora avvolti, per molti aspetti, nel mistero.

 

La deputata Federica Dieni (Movimento 5 Stelle) ha presentato l’ennesima interrogazione  (4-17438) facendo riferimento addirittura alla Giornata di Proposta e Protesta indetta dalle conferenze di presidenti, direttori e studenti dei conservatori statali e non statali il 13 febbraio 2016 (giornata nella quale si chiedeva con decisione «entro il 2016, un nuovo sistema di reclutamento, l’ordinamento di tutti i corsi di studio, la statalizzazione degli istituti musicali, l’incremento delle risorse»).

Si domanda in sostanza l’on. Dieni se «il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, a partire dal febbraio 2016, siano state assunte iniziative nella direzione indicata dalle conferenze nazionali dei presidenti, dei direttori e dei presidenti delle consulte degli studenti dei conservatori statali e non statali, per il completamento del processo di riforma avviato dalla legge n. 508 del 1999 e per la valorizzazione, anche in termini di attribuzione di risorse, del sistema nazionale dell’Alta formazione artistica e musicale, costituito da conservatori, accademie e istituti superiori per le industrie artistiche».

 

Nel giorno di chiusura per ferie, proprio mentre anche deputati e senatori si accingono a affollare autostrade e stazioni ferroviarie, arriva invece la risposta di Gabriele Toccafondi alla deputata Annalisa Pannarale (SI-SEL-POS) e alla sua interrogazione 5-12051, nella quale si chiede conto della situazione paradossale dei vincitori di concorso per i Licei Musicali: «nonostante siano i primi e gli unici ad aver vinto un concorso per l’insegnamento delle discipline caratterizzanti dei licei musicali, – scrive l’interrogante – non solo non possono ancora essere assunti a causa della mancata autorizzazione delle cattedre in organico di diritto, ma nemmeno riescono ad accedere alle supplenze su quei ruoli stante il perdurare di regole per l’assegnazione degli incarichi annuali ormai obsolete, e che trovavano la loro giustificazione giuridica e amministrativa nell’assenza di graduatorie specifiche».

Questa la risposta del sottosegretario:

«Come già noto, azione propedeutica all’assegnazione dei docenti di ruolo sulle cattedre in argomento è la definizione dell’organico di diritto delle relative classi di concorso, ovvero la A-53 (storia della musica), A-55 (strumento musicale, suddivisa per gli specifici strumenti), A-63 (tecnologie musicali) e A-64 (teoria, analisi e composizione). 
Tale organico è stato formalizzato per la prima volta per l’anno scolastico 2017/2018, in quanto le medesime classi di concorso sono state individuate soltanto attraverso il decreto del Presidente della Repubblica n. 19 del 2016. 
Il Ministero ha dato indicazioni a tal fine con nota del 15 maggio 2017, contenente le istruzioni operative per la formazione degli organici per l’anno scolastico 2017/2018, nelle more della trasmissione dello schema di decreto ministeriale recante l’adeguamento dell’organico dell’autonomia per il triennio 2016/2019. 
La citata nota riporta le modalità per la formazione delle cattedre riferite alle sopra richiamate classi di concorso e precisa, altresì, che i posti del potenziamento delle discipline caratterizzanti questo corso di studi costituiranno comunque nuovi posti di organico di dette discipline, utilizzabili per le relative operazioni di mobilità professionale e di immissione in ruolo. 
Ulteriori precisazioni sono state diramate con successiva nota direttoriale del 19 maggio 2017 relativamente alle operazioni di mobilità professionale, in particolare per quanto riguarda la necessità di garantire la formazione del maggior numero di posti interi e l’individuazione del personale destinatario dei passaggi secondo le procedure stabilite con il contratto collettivo nazionale integrativo sulla mobilità e utilizzando le corrispondenti graduatorie. 
Pertanto, sono stati istituiti circa 1.700 posti interi (circa 600 sono invece gli spezzoni che non si possono ricondurre a cattedre intere), dei quali più di 1.000 occupati con la mobilità professionale (ovvero con il passaggio degli insegnanti di ruolo che già vi insegnavano). I rimanenti posti sono, quindi, destinati ai vincitori dell’ultimo concorso. 
Per rispondere, quindi, al suo quesito, si riferisce che per il prossimo anno scolastico 2017/2018 per le classi di concorso afferenti le discipline dei licei musicali sono state destinate n. 718 immissioni in ruolo [questo il decreto del 26 luglio], che avverranno in tempi congrui per un corretto avvio d’anno. Per la precisione, le immissioni in ruolo sono già in corso, a partire dal 31 luglio, in tutte le Regioni, secondo i diversi calendari degli Uffici scolastici regionali, e termineranno l’11 agosto
In proposito, si vuol ribadire che l’impegno del Ministero in questo settore è significativo. Si consideri che, per le sole materie caratterizzanti per i 131 licei ad indirizzo musicale attualmente censiti, si riscontra una media di un docente ogni 7 alunni».

L’on. Pannarale replicando evidenzia che i 1.700 posti citati nella risposta, costituiscono indubbiamente un numero ragguardevole, ma trattasi sempre di posti sparsi su tutto il territorio nazionale, mentre il concorso era stato svolto su base regionale. Rileva, inoltre, che 600 spezzoni di cattedre siano troppi e che andrebbe trovato il modo di ricondurne almeno una parte a cattedre intere. Quanto, invece, alle 718 immissioni in ruolo, ritiene che il numero non rispecchi il fabbisogno che era stato evidenziato nel bando di concorso e che, pertanto, qualcosa è stato mal calcolato. Aggiunge che i docenti più penalizzati dalla «giungla» delle stratificazioni normative sono quelli di storia della musica e degli strumenti musicali meno affermati e diffusi. Ricorda che questa categoria di docenti, pur essendo già in possesso di abilitazione ha anche vinto un concorso e ancora oggi non può sapere quando raggiungerà l’immissione in ruolo. Le norme capestro sulla mobilità allontanano sempre di più la certezza del diritto al lavoro di queste persone».

La senatrice Enza Blundo (Movimento 5 Stelle) ha invece presentato come prima firmataria il 19 luglio un’interrogazione (3-03894) nella quale si osserva come il D. L. 60 del 2017, recante Norme sulla promozione della cultura umanistica, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività favorirebbe «nell’ambito della scuola pubblica solo l’insegnamento degli strumenti più conosciuti, come pianoforte, chitarra e percussioni, trascurandone altri come arpa, fagotto, corno, tromba, oboe, trombone, tuba, viola, contrabbasso», anche in virtù dell’assenza di una vera e propria “filiera musicale” per alcuni strumenti. Chiedono pertanto la senatrice Blundo e gli altri interroganti:

«se e quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda tempestivamente adottare per garantire il diritto allo studio anche a quegli studenti che manifestano il desiderio di iscriversi a classi di strumento non presenti sul territorio nazionale ovvero, alla luce delle gravi carenze esposte, se sia in cantiere l’istituzione di quote minime percentuali di presenza di tutti gli strumenti musicali nelle scuole secondarie, ovvero di quote che garantiscano sull’intero territorio nazionale la presenza e la distribuzione di tutti gli strumenti;

se non ritenga opportuna l’istituzione di un organismo super partes di coordinamento nazionale che abbia lo scopo di garantire percorsi formativi professionalizzanti e la presenza di tutti gli strumenti nelle scuole a indirizzo musicale;

se non consideri, altresì, utile riconoscere ai conservatori, in sinergia con i provveditorati, il compito di monitorare, all’inizio di ogni anno scolastico, la situazione delle cattedre per ogni singolo strumento, allo scopo di attivare tempestivamente i corsi mancanti».

Anche al Parlamento Europeo si parla di Afam. Il deputato Angelo Ciocca (Lega Nord) ha infatti presentato il 26 luglio u.s. un’interrogazione alla Commissione Europea, ponendo l’accento sul problema del precariato e invitando a «intervenire urgentemente per sanare una situazione che crea solo precarietà e per tutelare un settore così importante come quello musicale che caratterizza l’Italia nel mondo».

 

Problematica docenti II fascia Conservatori di musica e ISSM

Intervento presentato a Milano il 6 giugno 2017 in occasione dell’incontro “Prospettive per l’AFAM”.

Noi docenti di Accompagnamento pianistico, ringraziando per l’ospitalità, in questa sede portiamo all’attenzione e sollecitiamo una risoluzione urgente ad una problematica che si protrae ormai da più di un decennio, “prioritaria e non più rinviabile”: l’ingiusto e ingiustificato inquadramento giuridico-economico in cui ancora si ritrova un’ intera e sola categoria di docenti titolari di cattedra: i docenti di Accompagnamento pianistico, appunto.

Da più di un decennio il CCNL del comparto AFAM ha accorpato le due figure esistenti nei Conservatori – docenti e accompagnatori al pianoforte – in un’unica area di docenza, articolata in due fasce, ma con identica funzione.

L’ inquadramento degli ex-accompagnatori al pianoforte nell’ area docente è stato poi completato con i decreti attuativi della Riforma prevista dalla L.508/99: il D.M.90/2009 (Settori disciplinari e declaratorie) e il D.M. 124/2009 (Ordinamenti didattici). Questi ultimi hanno conferito in via esclusiva agli ex-accompagnatori al pianoforte la titolarità del settore artistico-disciplinare CODI/25 Accompagnamento pianistico e le relative discipline d’ insegnamento.

Allo stato attuale i docenti di Accompagnamento pianistico, sono gli unici titolari di cattedra ad essere ancora inquadrati come “professori di II fascia”, in assenza di una prima fascia di docenza per lo stesso insegnamento, nonostante:

svolgano le medesime funzioni didattiche, di produzione e ricerca dei colleghi di prima fascia;

– abbiano i medesimi obblighi di servizio dei colleghi di prima fascia;

– siano titolari delle discipline ‘formative caratterizzanti’ obbligatorie dei corsi accademici di I e II livello di Pianoforte, Maestro collaboratore e Canto (sono relatori di Tesi e rilasciano Diplomi accademici di I e II livello);

vengano richieste loro competenze professionali di pari livello ai colleghi di I fascia;

– siano eleggibili, come i colleghi di I fascia, negli organi di governo delle istituzioni.

Si tenga presente anche che la selezione degli attuali docenti di Accompagnamento pianistico è sempre avvenuta in base agli stessi criteri di valutazione dei titoli di studio, didattici ed artistici degli altri docenti e che un cospicuo numero di docenti di Accompagnamento pianistico di oggi è risultato vincitore dell’ultimo concorso per esami e titoli di cui al D.M. 18 luglio ’90, dando prova sul campo di conoscere approfonditamente i contenuti delle discipline che oggi insegnano al pari di ogni altro collega di I fascia.

E il MIUR ha autorizzato l’attivazione dei corsi specialistici di Maestro collaboratore o Sostituto di nostra titolarità, riconoscendo quindi la professionalità e le competenze specifiche richieste a questa importante figura del settore.

Risulta evidente, quindi, la discriminazione alla quale siamo sottoposti, visto che il settore disciplinare CODI/25 è l’ unico tra i 108 individuati per i Conservatori di Musica, in cui tutti i docenti sono inquadrati in II fascia, con un livello retributivo inferiore.

Già il CCNL in vigore, all’ art.18 co.1 si impegnava alla risoluzione del problema obbligando le parti contraenti ad apposita sequenza contrattuale al fine di derubricare le attuali due posizioni giuridiche in posizioni meramente economiche prevedendo opportunità di sviluppo economico. Ma ad oggi registriamo un nulla di fatto.

Il sussistere di una situazione priva di prospettiva futura, nonché di un riconoscimento economico congruo è in contrasto con il dettato degli artt.3 e 36 della Costituzione e del generale principio di retribuzione adeguata e proporzionata alla prestazione professionale.

Infatti proprio i pareri legali da noi acquisiti definiscono ‘illegittima’ in quanto lesiva dei diritti costituzionali dei docenti, una II fascia di docenza in assenza del sussistere di una prima fascia di docenza del corrispondente insegnamento. E del tutto illegittima una discriminazione basata sulla diversa disciplina oggetto di insegnamento, poiché non si può certo affermare che le discipline insegnate dal docente di Accompagnamento pianistico, peraltro inserite tra le discipline obbligatorie ‘caratterizzanti’ nei piani di studio di Pianoforte e Canto, siano di ‘serie B’ rispetto a quelle insegnate da tutti gli altri colleghi docenti di I fascia, molte delle quali, discipline “integrative o affini” o “a scelta”, non rilasciano nemmeno diplomi accademici.

Tutti i nuovi insegnamenti introdotti dalla Riforma sono di prima fascia, e anche il piano di assunzione dei precari prevede l’ immissione in ruolo direttamente in I fascia, persino per quei docenti che, a contratto, abbiano maturato un servizio triennale nell’ambito dei corsi pre-accademici!

Pertanto riteniamo essere un nostro diritto l’inquadramento nella prima fascia per l’insegnamento di nostra titolarità, nel quale abbiamo maturato esperienza didattica e rilasciato titoli accademici specialistici, al pari di tutti i nostri colleghi docenti.

L’ istituzione del Settore Disciplinare CODI/25 colma una lacuna storica degli studi pianistici in Italia. Infatti, proprio in Italia, culla del Belcanto e patria del teatro d’opera, solo di recente, con l’entrata in vigore della L.508 e relativi decreti attuativi, sono state inserite stabilmente nei piani dell’offerta formativa, discipline specifiche del settore, tra cui l’accompagnamento pianistico e il corso specialistico di Maestro collaboratore, appunto. Si è trattato dunque di un adeguamento alle analoghe Istituzioni europee, dove i docenti di accompagnamento pianistico già da tempo tengono scuola: basti pensare al Korrepetitor o Vocal coach, figure altamente qualificate del settore.

Infatti quella del docente di Accompagnamento pianistico è una competenza specifica che, partendo da una solida formazione pianistica di base, ha approfondito il vasto repertorio vocale e strumentale, nonché tecniche di lettura estemporanea, di riduzione orchestrale al pianoforte e di trasposizione tonale, pratiche imprescindibili per un buon Maestro collaboratore o Sostituto di teatro e fondamentali per chi intraprende il percorso della direzione orchestrale, cosa che avviene non di rado.

Purtroppo ci rammarichiamo che ad oggi la nostra funzione docente, conferitaci dalla normativa vigente ed esplicitata dall’ inserimento delle nostre discipline nei piani di studio tra le materie ‘formative caratterizzanti’ obbligatorie, risulti non essere stata riconosciuta in maniera omogenea sul territorio nazionale, creando situazioni di difformità in seno alla categoria stessa. Evidenziamo anche la sussistenza di statuti, in cui viene privato il diritto di elettorato passivo per la carica di “direttore” ai docenti di II fascia, come se i requisiti di “comprovata professionalità” indispensabili per aspirare a tale carica, a priori non possano appartenere a questa categoria di docenti che, peraltro, può vantare già due direttori che con serietà e competenza hanno portato a termine i due mandati.

Ci rivolgiamo quindi alle forze politiche qui presenti, ai rappresentanti sindacali, agli interlocutori ministeriali, ai direttori e ai colleghi tutti, perché dalle parole si passi finalmente ai fatti, e sia riconosciuta, una volta per tutte e sotto tutti gli aspetti, pari dignità ad una categoria di docenti che, come tutti i docenti e con la stessa professionalità, concorre alla ricca offerta formativa delle nostre Istituzioni di Alta Formazione Musicale.

Chiediamo quindi che si possa inserire un emendamento al DDL 322 in discussione alla VII Commissione Senato volto a superare questa “anomalia” ingiustificata con l’inquadramento dei docenti di Accompagnamento pianistico, come il resto del corpo docente, nella prima fascia di docenza, sulle medesime cattedre da essi occupate. Ciò non andrebbe ad incidere su posti da riservare alla stabilizzazione dei precari e garantirebbe i diritti costituzionali di questi docenti.

I Docenti di Accompagnamento pianistico CODI 25
dei Conservatori di Musica e ISSM